Orange,
turquoise and green
I put this
shell on the desk. It seems to be a symbol of the strength of the word, perhaps
because of the resemblance with the auricle. I hope it can inspire words to
describe this lump of impressions and threads that seem to want to be linked.
Yesterday evening I was in the car waiting and I saw this street corner, a
corner seen and reviewed many times.
This bounding wall looks like a page of a story, a window or a stage screen
on which the Chinese shadows project. Beyond the wall is a silhouette that has
remained etched in memory, the shape of that military barracks that were
demolished years after the compulsory military service was abolished. Earlier,
the recruits went out of the wall in the evening to go to the village. Now the
migrants parade in front of the same wall, they have accommodation a few tens
of meters further along the national road. Migrants waiting in a suspended
time, their journey a going. How can a wall tell the story that flows and that
changes, well, this seems to happen thanks to a lamp, a light bulb switched on
, like an idea (or vice versa). I took the sketchbook and sketched a drawing.
Then the same evening, at the cinema, in the documentary film Between the wheat
and the sky, the raspy voice of Valeria Bruni Tedeschi (or that of Marco
Goldin?) tells the story of Vincent who burned to paint at night to catch the
essence, despite painters have often avoided the absence of light. In fact, in
the pencils box, a pink is barely distinguished by a yellow. But the basic
colors are two in the blue hour (of the existence of the blue hour I also
learned yesterday night), here that still remain the lights with sodium vapor:
turquoise and orange. Despite the colors of many pottery that remember the sea
is the black that rips away the tonic memory of the summer. Black shadow that Van Gogh concentrated in the mass
of the cypresses and that here on the contrary
are not but skinned branches still without leaves. Black replaced by the verdaccio that
is obtained in the formulas by mixing yellow ochre, a bit of black, white and a
touch of red.
Arancione, turchese e verdaccio
Metto questa conchiglia sulla scrivania. Pare sia un simbolo della forza della parola , forse per la
somiglianza con il padiglione auricolare. Spero che possa ispirare le parole
per descrivere questo grumo di impressioni e fili che sembrano volersi
intrecciare . Ieri sera stavo in auto ad aspettare e vedo quest’angolo di
strada, un angolo visto e rivisto.
Questo muro che delimita sembra una pagina di una
storia, una finestra o uno schermo di
palcoscenico sul quale le ombre cinesi si proiettano. Oltre il muro c’è una
sagoma che è rimasta impressa nella memoria, la sagoma di quella caserma
militare che è stata demolita anni dopo che il servizio militare obbligatorio è
stato abolito. Prima, le reclute
sfilavano di sera fuori dal muro per recarsi in paese. Ora sono i migranti a
sfilare davanti allo stesso muro, hanno alloggio qualche decina di metri più in
là, lungo la strada statale. Migranti in attesa in un tempo sospeso, il loro
cammino un andare. Come possa un muro raccontare la storia che fluisce e che
cambia, beh, questo sembra succedere grazie a un lampione, una lampadina che si
accende come un’idea (o viceversa). Prendo il taccuino e abbozzo un disegno.
Poi la stessa sera, al cinema, nel film documentario Tra il grano e il cielo, la voce roca di
Valeria Bruni Tedeschi (o quella di
Marco Goldin?) racconta la storia di Vincent che ardeva dipingere di notte per
coglierne l’essenza, nonostante i pittori abbiano spesso rifuggito l’assenza di
luce. Infatti nell’astuccio un rosa si distingue a malapena da un giallo. Ma i
colori fondamentali sono due nell’ora blu (dell’esistenza dell’ora blu apprendo
anche questo ieri sera), qui che ancora permangono le luci ai vapori di sodio:
il turchese e l’arancio. Nonostante siano i colori di tante ceramiche che
ricordano il mare, è il nero che strappa
via il tonico ricordo dell’estate. Nero d’ombra che Van Gogh concentrava nella
massa dei cipressi e che qui invece non sono che scarnificati rami ancora senza
foglie. Nero sostituito dal verdaccio che nelle formule si ottiene mescolando giallo
ocra, un po’ di nero, bianco e una punta di rosso.
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