Piano solo



A picture or a drawing can not capture the soul of a musician. Those long moments in which the music is resounded again remain suspended in time, in their own time apart. If there was a recording, like a graffiti or a signature engraved on a monument, only the tear of the velcro of a bag will remain for the sudden mysterious urgency of unidentified something  that pulled off time to perfect perfection of a moment and bring it back down here , Portogruaro, Russolo auditorium, music festival, 1th of September 2018, about 10 p.m., Pietro De Maria at the piano.

The moment taken from the present spoke of the first time I listened to Impromptus, some lustrum  ago, of the smell of coal in the streets of Prague and of dark shop-windows almost without light in contrast to the sparkling shops of our cities, pastel-like façades hanging from the dark rooftops of the Staroměstské náměstí (precision control c control v) and tape cassettes of the Supraphon and always them, the Impromptus, to project the gaze a bit over and to speak other words.
It's sufficient to imagine a plaid, a lawn and lazy insects and annoyed upturned noses, watching the clouds pass in the sky. Possibly an English sky, with low clouds that draw shadows on the lawns and in a moment the sun translates into shadow.
Clouds to which we try to entrust a well-known contour, a physiognomy and that instead escape the wind by breaking themselves.
Barbapapa clouds, able to draw an arabesque or climb the pyramids.
Hologram of sky in a room, one pianist only for a great concert.

 Non può una foto o un disegno rapire l’anima di un musicista. Quegli attimi prolungati in cui la musica viene risuonata nuovamente rimangono sospesi nel tempo, in un loro tempo a parte. Se vi fosse una registrazione, come un graffito o una firma incisa su un monumento, rimarrà solo lo strappo del velcro di una borsa  per l’improvvisa misteriosa urgenza di qualche cosa a fissare quel tempo strappato alla perfetta perfezione di un attimo e a riportarlo qui giù, Portogruaro, auditorium Russolo, festival della musica, 1 settembre 2018, h 22 circa, Pietro De Maria al pianoforte.
L’attimo strappato al presente parlava della prima volta che ho ascoltato gli Impromptus,  qualche lustro fa, dell’odore di carbone per le strade di Praga e di vetrine buie quasi senza luce per contrasto agli sfavillanti negozi delle nostre città, di facciate pastello appese come un bucato ai cupi tetti della Staroměstské náměstí  (precisione control c control v) e di musicassette della Supraphon e loro, gli Impromptus, a proiettare lo sguardo un po’ più su e a parlare altre parole.
Basta immaginarsi una coperta, prati e oziosi insetti molesti e naso all’insù, guardando trascorrere le nuvole in cielo. Possibilmente un cielo inglese, con le nuvole basse che disegnano ombre sui prati e in un momento il sole si traduce in ombra.
Nuvole a cui cerchiamo di affidare un contorno noto, una fisionomia e che invece sfuggono al vento sfilacciandosi.
Nuvole barbapapà, capaci di disegnare un arabesco o di  inerpicarsi sulle piramidi.
Ologramma di cielo in una stanza, un solo pianista per un grande concerto.

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