Che anno era? Non è
nemmeno difficile scoprirlo su un motore di ricerca. Colpisce che la memoria
possa trattenere un fatto di cronaca a tutti gli effetti così poco rilevante,
per una circostanza che poi si è rivelata uno scherzo. Mi riferisco a quelle
sculture di Modigliani che fecero girare la testa ai media italiani.
D’altronde di per sé la
notizia era ghiotta –il ritrovamento di tre sculture a forma di testa
attribuite ad Amedeo Modigliani- e lo fu ancor di più successivamente quando
fior di critici ne confermarono l’autenticità. Qualcosa che ha messo a nudo i
re della critica d’arte e questo naturalmente ne ha fatto di per sé notizia.
In seconda battuta,
riflettendo sulla circostanza, c’è che per rifiuto di una tradizione
ottocentesca iper decorata e logorroica, vittoriana o d’annunziana a seconda
delle latitudini, il ‘900 si è ispirato all’arte primitiva che per definizione
comprenderebbe l’arte delle popolazioni prive di linguaggio scritto. Ma se Picasso
diceva che ci ha messo una vita per dipingere come un bambino può significare
che la ricerca del ‘900 non è solo riferita alla preistoria o alle civiltà
primitive ma ad una forma arcaica della rappresentazione che contraddistingue
anche l’arte etnica e quella naif.
Qualcuno la chiama arte
primaria (non un bel nome), slegandosi così da complesse questioni
storiografiche e trovando collocazione nei musei di nuova generazione come il
Mudec di Milano.
Così l’arte primitiva può
davvero permettersi di confondere le epoche, rivelando una certa natura ambigua
ed intrigante, consentendo a tre ragazzi livornesi per un breve lasso di tempo
di elevarsi al rango di falsari professionisti in un afoso e pigro pomeriggio
d’estate.
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